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Osteopatia e by-pass

J Am Osteopath Assoc. 2013 May;113(5):384-93. The effect of osteopathic manipulative treatment on postoperative medical and functional recovery of coronary artery bypass graft patients. Wieting JM1, Beal C, Roth GL, Gorbis S, Dillard L, Gilliland D, Rowan J.

Diversi studi hanno dimostrato la presenza di disfunzioni somatiche delle prime vertebre toraciche nei pazienti con patologie cardio-vascolari. L’innervazione del cuore emerge infatti a quel livello. Lo studio proposto ha come obiettivo quello di valutare se l’osteopatia può essere utile per ridurre il ricovero ospedaliero post-operatorio per by-pass. Nello studio sono stati messi a confronto tre gruppi di pazienti: il primo riceveva il trattamento osteopatico oltre che le normali cure post-intervento, il secondo riceveva un finto trattamento osteopatico oltre che uno standard post-operatorio, il terzo riceveva solo le cure ospedaliere di routine. I pazienti sono stati assegnati a ciascun gruppo senza sapere quello a cui appartenevano, secondo randomizzazione di un computer. Il trattamento è stato attuato una volta al giorno dal giorno dopo l’intervento chirurgico fino alla dimissione. Le tecniche osteopatiche scelte avevano lo scopo di regolarizzare il sistema nervoso autonomo e di migliorare il drenaggio toracico. Tali tecniche comprendevano il rilascio miofasciale delle strutture della parte alta del torace, per migliorare la funzione dei vasi arteriosi, venosi e linfatici che attraversano questi muscoli. La tecnica di rib-raising sulle coste, per migliorare la funzione del sistema nervoso ortosimpatico (che influenza frequenza cardiaca e pressione arteriosa), i cui gangli giacciono appunto davanti alle coste. La tecnica di rilascio della muscolatura cervicale, per migliorare la funzione dei nervi (vago e frenico) che li attraversano e che regolano l’attività cardiaca. Il risultato è stato che i pazienti trattati con trattamento osteopatico in media sono stati dimessi prima dei pazienti trattati con le cure standard proposte dell’ospedale. Il sistema muscolo-scheletrico svolge un’importante azione sulla salute della persona che attraverso il corpo si interfaccia all’ambiente esterno. Poiché secondo la filosofia osteopatica la struttura influenza la funzione e viceversa, ottimizzare la meccanica del corpo permette di ridurre al minimo i fattori che possono influenzare negativamente la funzione.

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Strategie terapeutiche per cervicalgia

Chiropr Man Therap. 2014 Mar 24;22(1):11. Treatment preferences amongst physical therapists and chiropractors for the management of neck pain: results of an international survey. Carlesso LC1, Macdermid JC, Gross AR, Walton DM, Santaguida PL.

 

Il dolore cervicale è un disturbo che affligge circa il 23% della popolazione. La categoria di persone più colpite è il sesso femminile, con età compresa tra i 35 e i 49 anni e con un precedente episodio acuto di dolore cervicale. Moltissime sono le terapie proposte per questo disturbo, alcune delle quali si sono dimostrate più efficaci di altre. Nello specifico la terapia manuale associata a esercizi eseguiti a domicilio dal paziente ha ottenuto i migliori risultati. ICON (International Collaboration on Neck Pain) è un progetto che riunisce esperti del dolore cervicale per stabilire come fare diagnosi, prognosi e terapia nel miglior modo possibile. Nell’articolo proposto è stato condotto un sondaggio tra vari professionisti che si occupano di dolore cervicale per valutare quali modalità terapeutiche vengono prescelte per affrontare questo disturbo. Sono stati arruolati 360 professionisti, tra cui chiropratici, fisioterapisti, terapisti manuali, massaggiatori, medici, di varie nazionalità, la maggior parte dei quali uomini e liberi professionisti. Ecco i risultati: circa l’84% dei professionisti consiglia ai pazienti esercizi di stretching, specialmente dell collo e della parte alta del torace. Circa il 55% consiglia l’applicazione di freddo e il 20% l’agopuntura. I macchinari vengono utilizzati più raramente: il 31% utilizza la diatermia, il 26% il biofeedback, il 19% la stimolazione muscolare. Tra le terapie manuali vengono scelte la mobilizzazione (90%) e la manipolazione (56%). Il collare e i taping vengono utilizzati maggiormente dai fisioterapisti rispetto ai chiropratici. Ciascuna modalità terapeutica ovviamente viene prescelta a seconda che il dolore sia acuto o cronico e a seconda della causa. In conclusione esistono moltissimi tipi di terapia che possono essere utilizzate per affrontare il dolore cervicale. Tra queste si sceglie la migliore sia per tipo e causa di dolore, sia per il tipo di professionista, sia per il tipo di paziente. In ogni caso i migliori risultati sono dati dalla combinazione di più strategie terapeutiche.

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Dolore cervicale acuto

J Am Osteopath Assoc. 2005 Feb;105(2):57-68. Intramuscular ketorolac versus osteopathic manipulative treatment in the management of acute neck pain in the emergency department: a randomized clinical trial. McReynolds TM1, Sheridan BJ.

Il dolore cervicale acuto è un motivo frequente per il quale i pazienti si presentano in pronto soccorso negli Stati Uniti. Si stima che circa il 71% degli adulti abbia sofferto almeno una volta nella vita di dolore cervicale acuto. Il dolore cervicale acuto viene normalmente trattato al pronto soccorso con un analgesico iniettato intramuscolo, tuttavia talvolta viene utilizzato il trattamento osteopatico con mobilizzazione e manipolazione cervicale. Lo studio proposto ha valutato se ci fosse differenza tra l’effetto dell’analgesico intramuscolo e il trattamento osteopatico nell’alleviare il dolore di pazienti che si presentavano al pronto soccorso con dolore cervicale acuto. Sono stati arruolati tutti i pazienti che accedevano all’ospedale per dolore cervicale acuto, dopo aver eseguito una radiografia in caso di incidente e dopo aver acconsentito a prendere parte allo studio. Sono stati esclusi i pazienti con patologie reumatiche infiammatorie, fratture, neoplasie cervicali o altre patologie che davano controindicazioni al trattamento osteopatico. Ai pazienti è stato chiesto di valutare da 0 a 10 il dolore appena prima e un’ora dopo il trattamento (farmacologico o osteopatico). 0 corrispondeva all’assenza di dolore, 10 al massimo dolore mai provato nella propria vita. Dopo il trattamento era anche richiesto di valutare il miglioramento del dolore in una scala da A a E. A corrispondeva a nessun miglioramento, E alla completa remissione del dolore. Il miglioramento del dolore è stato netto in entrambi i gruppi con risultati più positivi per il gruppo trattato con trattamento osteopatico. Nel gruppo trattato con analgesico intramuscolo si sono verificati una serie di effetti collaterali (addormentamento del braccio, alterazione del gusto, vertigini, sonnolenza, dispepsia, tachicardia, cefalea, nausea, vomito) in circa il 27% dei pazienti, assenti nel gruppo trattato con trattamento osteopatico. In conclusione il trattamento osteopatico può essere considerato una valida alternativa all’analgesico intramuscolo durante gli episodi acuti di dolore cervicale, in quanto ugualmente efficace e privo di effetti collaterali.

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cervicale acuto

Cervicale e tecniche a energia muscolare

J Am Osteopath Assoc. 2006 Mar;106(3):137-42. Gross range of motion in the cervical spine: the effects of osteopathic muscle energy technique in asymptomatic subjects. Burns DK1, Wells MR.

Il termine “disfunzione somatica” è definito come un’alterata funzione delle componenti del soma vertebrale ovvero delle strutture scheletriche, miofasciali, vascolari e neurali. Le disfunzioni somatiche della colonna cervicale spesso risultano in un’aumentata tensione muscolare, dolorabilità alla palpazione, asimmetria e ridotto range di movimento. Nonostante alcuni sintomi della disfunzione somatica, come il cambiamento di sensibilità e la rigidità muscolare, siano soggettivi e riportati dai pazienti, l’asimmetria e la tensione dei tessuti può essere valutata attraverso l’esame palpatorio e la restrizione del range di mobilità attivo e passivo può essere facilmente misurato con mezzi convenzionali. Lo scopo dello studio proposto è stato quello di valutare se una specifica tecnica osteopatica possa aumentare il range di movimento cervicale in pazienti asintomatici. 32 soggetti giovani sono stati reclutati per lo studio, in assenza di patologie o dolori cervicali e di precedenti trattamenti osteopatici. In modo randomizzato sono stati assegnati al gruppo di trattamento osteopatico o al gruppo di controllo. Nel gruppo di trattamento osteopatico è stata eseguita una tecnica a energia muscolare nel punto dove è stata identificata la restrizione di mobilità: il paziente veniva quindi invitato a spingere la testa nella direzione opposta a quella dove il movimento era limitato e nel momento del rilascio l’operatore recuperava tale movimento limitato (la procedura veniva ripetuta circa 4 volte). Nel gruppo di controllo è stato invece eseguito un finto trattamento in cui l’operatore portava il capo del paziente nella direzione dove il movimento era limitato, senza intervento attivo del paziente stesso. I test di mobilità eseguiti prima e dopo il trattamento osteopatico e il finto trattamento hanno mostrato una leggera riduzione del range di mobilità nel gruppo di controllo e un notevole aumento nel gruppo di trattamento (fino a 4°), soprattutto nel movimento di rotazione. I risultati potrebbero essere ancora più importanti se lo studio fosse eseguito su pazienti più anziani, che solitamente presentano maggiori restrizioni di mobilità. Tuttavia questo studio dimostra come l’utilizzo delle tecniche a energia muscolare sia molto utile nel migliorare la mobilità cervicale, la cui limitazione è spesso alla base di sintomi quali cefalea cervicogenica, sindrome da compressione nervosa, dolore cervicale acuto e cronico in seguito a incidenti automobilistici o traumi minori.  Tali tecniche si sono mostrate meno pericolose dell’utilizzo di farmaci anti-infiammatori e della manipolazione cervicale. Sarebbe interessante ripetere lo studio su pazienti sintomatici e valutare l’effetto che tale tecnica può avere sul dolore, oltre che valutare la durata dell’effetto di tale tecnica.

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Cervicale e Nervo Vago

J Altern Complement Med. 2013 Feb;19(2):92-6. Suboccipital decompression enhances heart rate variability indices of cardiac control in healthy subjects. Giles PD1, Hensel KL, Pacchia CF, Smith ML.

Il nervo vago è un importante nervo del sistema nervoso autonomo che permette l’azione di moltissimi organi, tra cui il cuore, lo stomaco e parte dell’intestino. Tale nervo emerge dal cranio a livello occipitale e decorre lungo la cervicale in prossimità di alcune strutture muscolo-scheletriche spesso trattate dagli osteopati, in particolare dei muscoli suboccipitali. Dal momento che alcune condizioni infiammatorie locali, di edema, di ipertono o spasmo dei muscoli cervicali o di disfunzione somatica delle vertebre cervicali possono avere un effetto compressivo su tale nervo, provocando oltre che dolore locale anche sintomi come nausea e vomito, è plausibile pensare che il trattamento manipolativo a livello di tali strutture possa interferire con  l’azione del nervo vago. Lo studio proposto ha come obiettivo quello di verificare se il trattamento osteopatico possa dare una variazione nella frequenza cardiaca in pazienti sani, interagendo quindi con l’azione del nervo vago. Per lo studio sono stati reclutati 19 pazienti, in assenza di patologie cardio-vascolari o di precedenti traumi a livello cervicale, che non avessero consumato caffeina o tabacco (elementi che alterano la frequenza cardiaca) nelle precedenti 48 ore. Dopo 20 minuti di riposo in posizione supina i pazienti sono stati sottoposti a: trattamento osteopatico (inibizione dei muscoli suboccipitali e decompressione suboccipitale), trattamento placebo (le mani poste a livello occipitale senza azione diretta) e fase di controllo (senza alcun contatto fisico). I risultati hanno dimostrato grandi cambiamenti a livello di frequenza cardiaca e respiratoria in seguito al trattamento osteopatico in confronto al post-trattamento placebo e fase di controllo (che si sono dimostrati praticamente identici). Questo studio dimostra come il trattamento osteopatico possa influenzare enormemente l’attività del sistema parasimpatico con effetti benefici non soltanto a livello locale (cervicale e cranico), ma anche a distanza a livello degli organi innervati dal vago. Ciò significa che alcune sintomatologie sistemiche possono essere approcciate dall’osteopatia, in assenza di patologie d’organo, con ottimi risultati.

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Cervicalgia post-estrazione

J Am Osteopath Assoc. 2012 Jul;112(7):457-60. Osteopathic manipulative treatment to resolve head and neck pain after tooth extraction. Meyer PM1, Gustowski SM.

In seguito a un’estrazione dentale la maggior parte dei pazienti presenta dolore cervicale o cefalea e breve distanza dall’intervento ma anche dopo qualche settimana, a causa dell’instaurarsi di disfunzioni somatiche. Il dolore dipende da vari fattori, tra cui il tipo di intervento, la forza utilizzata, lo stato di salute generale del paziente e il suo sesso. Il caso clinico proposto è quello di un paziente uomo di 52 anni che si presenta dal medico di base per dolore cervicale e cefalea insorti in seguito a un’estrazione dentale e all’attività di spinta di un auto in panne. Il dolore è descritto come spilli che dal collo arrivano all’arto superiore in assenza di debolezza o parestesie. La cefalea si associa a capogiri quando il paziente muove il collo, mentre la sintomatologia è alleviata dal caldo e da terapia anti-infiammatoria. Il medico prescrive una terapia con miorilassanti ed esercizi per due mesi. Trascorso il periodo il paziente presenta ancora la sintomatologia cervicale irradiata al capo con dolore retro-oculare e al braccio destro fino al gomito. Viene quindi valutato dall’osteopata che individua, oltre alle tensioni muscolari, una disfunzione cranica a livello della sutura occipito-mastoidea a destra, della prima vertebra cervicale e della regione dorsale. Il trattamento cranico con tecniche v-spread, cervicale con tecniche a energia muscolare e tecniche articolatorie, dorsale con manipolazione diretta, dà un miglioramento della sintomatologia nella prima settimana. Con il secondo trattamento si ottiene la completa risoluzione della sintomatologia. Questo caso clinico insegna l’importanza della valutazione del cranio e della cervicale se presente in anamnesi una storia di estrazione dentale, che risulta traumatica per queste strutture. Sottolinea inoltre che durante l’anamnesi è fondamentale indagare anche la storia odontoiatrica del paziente. Suggerisce infine a tutti i medici e pazienti che l’osteopatia ha risultati molto positivi nel trattamento del dolore causato da estrazione dentale.

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Artrosi del ginocchio

J Am Osteopath Assoc. 2007 Nov;107(10 Suppl 6):ES21-7. Managing osteoarthritic knee pain. Barron MC1, Rubin BR.

L’osteoartrite è una delle più comuni forme di artrite affrontate dai medici di base. La maggior parte dei pazienti si rivolge al medico per il dolore, principale disturbo associato a questa condizione. Il dolore può avere origine da differenti regioni anatomiche, come la membrana sinoviale, la capsula articolare, i muscoli periarticolari, i legamenti, il periostio e l’osso subcondrale. L’articolo proposto riguarda nello specifico l’artrosi del ginocchio.  L’approccio terapeutico comprende un insieme di terapie farmacologiche e non, la combinazione di queste risulta essere il più efficace tipo di trattamento conservativo. Le terapie farmacologiche che vengono proposte comprendono quelle topiche (creme anti-infiammatorie), intra-articolari (cortisone) e terapia per via orale di anti-infiammatori non steroidei. Tra le terapie non farmacologiche sono incluse: il trattamento osteopatico, la terapia fisica, gli esercizi, l’utilizzo di stampella o bastone. Le tecniche studiate come efficaci in alcuni studi clinici sono state: lo stretching del muscolo quadricipite per una migliore stabilità articolare e per la riduzione del dolore; la correzione delle deformità in varo del ginocchio; la perdita di peso associata ad esercizio fisico nelle persone obese; Baird e Sands hanno eseguito uno studio che ha dimostrato che il rilascio muscolare, monitorato con imaging, ha portato una riduzione del dolore nell’osteoartrite e in altre condizioni, come la fibromialgia e il cancro. Vas et al hanno invece valutato il ruolo dell’agopuntura come trattamento dell’artrosi del ginocchio, che si è dimostrata efficace, così come la magnetoterapia. In generale a causa della natura della patologia e degli scarsi effetti dell’approccio farmacologico sempre di più si fa riferimento a terapie non convenzionali, anche in letteratura medica.

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Osteopatia e Fascite Plantare

J Am Osteopath Assoc. 2006 Sep;106(9):547-56. Effect of counterstrain on stretch reflexes, hoffmann reflexes, and clinical outcomes in subjects with plantar fasciitis. Wynne MM1, Burns JM, Eland DC, Conatser RR, Howell JN.

L’efficacia del trattamento osteopatico sulla tendinite del tendine d’Achille è stata dimostrata precedentemente in uno studio. Lo scopo della ricerca proposta è quello di valutare l’efficacia  di una specifica tecnica osteopatica sulla fascite plantare, poichè come il tricipite surale si inserisce sul calcagno. La tecnica testata è quella del counterstrain, definita come tecnica indiretta miofasciale che si basa sulla componente neurologica della disfunzione somatica. Nella pratica viene mantenuta una posizione del piede o della caviglia per 90 secondi: inizialmente la posizione sarà dolorosa, in seguito diventerà indolore. Per lo studio sono stati reclutati 20 soggetti con fascite plantare diagnosticata, in assenza di patologie cardiovascolari. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi, il primo è stato sottoposto alla tecnica di counterstrain, il secondo è stato trattato con pillole placebo, nonostante i pazienti sapessero che erano anti-infiammatori. I partecipanti hanno compilato tutti i giorni dello studio un questionario che indagava il dolore nel camminare, la notte, la rigidità e la dolorabilità alla palpazione. I risultati all’elettromiografia non hanno mostrato differenze all’inizio e alla fine dello studio sia nel gruppo trattato con trattamento osteopatico che nel gruppo trattato con placebo. Tuttavia sono stati notati importanti cambiamenti nella riduzione della sintomatologia del paziente soprattutto nelle prime fasi dopo il trattamento. Il trattamento placebo non ha invece dato miglioramenti alla sintomatologia, mentre ci si aspettava che a livello psicologico avrebbe in parte aiutato.

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Errare è umano

J Am Osteopath Assoc. 2010 Jun;110(6):340-6. End of the “see one, do one, teach one” era: the next generation of invasive bedside procedural instruction. Lenchus JD.

Nel 1999 l’Istituto di Medicina pubblicò “Errare è umano: costruzione di un più sicuro sistema sanitario” in cui indicava l’errore medico come causa di morte di 50.000-100.000 pazienti l’anno. Le manovre mediche invasive sono associate a un alto rischio di errore e complicazioni, aumentando il periodo di permanenza  in ospedale e i costi di cura. Lo scopo dello studio proposto è stato quello di testare la conoscenza medica attraverso un test. E’ stato creato un team di valutazione il più eterogeneo possibile, che ha seguito un percorso per imparare a giudicare i candidati. I partecipanti allo studio sono stati medici che lavoravano in ospedale che si sono sottoposti al test volontariamente. Il test riguardava 5 procedure comunemente effettuate: la cateterizzazione venosa centrale, l’artrocentesi del ginocchio, la puntura lombare, la paracentesi e la toracentesi. Il test comprendeva domande sulle procedure a cui bisognava rispondere con vero/falso e veniva sottoposto al medico prima e dopo un training riguardante l’operazione stessa. Il punteggio ottenuto dai medici variava enormemente prima e dopo il training. Il modello “vedo, faccio, insegno” può essere migliorato da un nuovo modello che si è dimostrato molto utile nel migliorare le conoscenze e le abilità mediche. Tale modello dovrebbe essere applicato a tutta la medicina osteopatica e allopatica per aumentarne le potenzialità.

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Lesioni nel triathlon

J Can Chiropr Assoc. 2009 Mar;53(1):23-31. Conservative treatment of a tibialis posterior strain in a novice triathlete: a case report. Howitt S1, Jung S, Hammonds N.

Lo stiramento dei muscoli degli arti inferiori è uno dei traumi più frequenti nei triatleti, come risultato di un eccessivo uso. Uno studio epidemiologico ha mostrato come il 50.4% dei triatleti in sei mesi di allenamento ha presentato un disturbo, la maggior parte a livello degli arti inferiori. Nello specifico si incorre nello stiramento solitamente durante la corsa, meno frequentemente durante la pedalata. Il nuoto è relativamente poco rischioso per gli arti inferiori, mentre lo è molto di più per la spalla. Il case report proposto è quello di un triatleta di 41 anni in allenamento per un Ironman. Durante una virata nell’allenamento di nuoto ha sentito un dolore intenso alla caviglia destra, che si è trasformato in dolore di media intensità al polpaccio l’ora successiva e in dolore invalidante, soprattutto nel salire le scale e nel guidare, il giorno dopo. Dopo tre giorni il dolore era ulteriormente peggiorato, il paziente zoppicava e manteneva il piede in flessione plantare. L’atleta era già stato trattato precedentemente per un dolore a livello della bendelletta ileotibiale (sindrome da conflitto). La diagnosi di questo trauma è stata uno stiramento di 1° grado del muscolo tibiale posteriore. Il trattamento proposto è stato quello manuale con inibizione dei muscoli tibiale posteriore, gastrocnemio e soleo e mobilizzazione del malleolo mediale. In associazione sono stati effettuati ultrasuoni, elettrostimolazioni e terapia anti-infiammatoria. Dopo 5 giorni il dolore era presente solo in modo lieve, a distanza di due settimane il paziente ha ripreso una blanda attività in piscina, mentre a distanza di sei settimane ha recuperato completamente le sue performance precedenti al trauma. All’esame obiettivo non si sono evidenziate alterazioni nel range di mobilità o sequele a livello del muscolo interessato. Il muscolo tibiale posteriore è importantissimo per la meccanica del piede, mantenendo la caviglia in una posizione neutrale durante la deambulazione. Uno stiramento di tale muscolo si manifesta solitamente con un dolore molto vago nella zona mediale del piede e dietro il malleolo seguendo il decorso del tendine, che spesso crea difficoltà a camminare. All’esame obiettivo appariranno deformità del piede o della caviglia. La frequenza di insulti a livello di tale muscolo aumenta in concomitanza con alcune patologie: piede piatto, diabete mellito, ipertensione ecc. Il trattamento conservativo ha ottime risposte nel caso di stiramento di 1° o 2° grado, mentre il trattamento chirurgico è raccomandato solo nei casi più gravi.

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