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Artrosi: un nuovo punto di vista

J Am Osteopath Assoc. 2011 Nov;111(11):631-7. Rethinking the model of osteoarthritis: a clinical viewpoint. Wade GJ.

L’osteoartrosi viene descritta come una patologia degenerativa che inevitabilmente colpisce le persone anziane in seguito a specifici processi degenerativi del tessuto osseo e articolare. I principali fattori di rischio sono l’età, l’obesità, i traumi, la genetica o l’ereditarietà, la debolezza muscolare. Tuttavia tra i clinici rimangono molti dubbi a riguardo: perchè alcuni pazienti con artrosi sono completamente asintomatici, mentre altri presentano dolore? Perchè l’artrosi si manifesta anche in alcuni pazienti giovani? Perchè spesso esiste una familiarità in particolare da mamma a figlia femmina? Nel processo degenerativo sono coinvolti meccanismi metabolici che, alterandosi, provocano il deterioramento della cartilagine. Gli osteopati accettano questo modello che spiega la patologia dell’artrosi, tuttavia hanno studiato altri aspetti. In particolare la prevalenza di artrosi in pazienti che praticano determinati sport o determinate attività lavorative che prevedono una prolungata posizione seduta (la quale porta in massima torsione la capsula articolare dell’anca). E’ stato quindi proposto un nuovo modello che spieghi la patologia che ha considerato 11 diversi punti:

  1. L’età comporta cambiamenti metabolici che vanno ad alterare il tessuto cartilagineo portando maggiore stress sull’articolazione e sull’osso.
  2. Movimenti ripetuti o posizioni mantenute possono portare uno stress in torsione della capsula articolare e una compressione interna dell’articolazione stessa.
  3. Traumi o interventi chirurgici possono causare rigidità articolare con insorgenza precoce dei cambiamenti metabolici che causano l’artrosi.
  4. L’obesità provoca un maggiore stress a livello delle articolazioni, in particolare alle ginocchia.
  5. Infezioni e malattie infiammatorie possono compromettere l’integrità cartilaginea.
  6. Pre-artrosi si può definire lo stadio in cui il paziente presenta rigidità e tensione muscolare che dovrebbe proteggere l’articolazione dal dolore ma che, a sua volta, dà dolore.
  7. La fase di artrosi è quella in cui le alterazioni metaboliche modificano la cartilagine. In questa fase è fondamentale l’intervento manipolativo per rallentarne la progressione.
  8. Anche le articolazioni troppo mobili possono presentare artrosi per conflitto dei capi articolari.
  9. La fase di artrite è quella in cui la mancanza di lubrificazione delle articolazioni genera fissurazioni, in questa fase la manipolazione ha poca efficacia.
  10. Le fissurazioni determinano un deterioramento osseo, questa è la fase pre-chirurgica.
  11. Nella fase pre-chirurgica il dolore del paziente aumenta notevolmente, camminare diventa difficoltoso e le articolazioni circostanti ne risentono.

Questo nuovo modello è molto indicativo per l’osteopata per capire quando il suo intervento possa essere efficace e con che tipo di tecniche lavorare.

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osteoporosi

 

Piede Cavo e Osteopatia

N Am J Sports Phys Ther. 2010 Feb;5(1):27-32. Deformity or dysfunction? Osteopathic manipulation of the idiopathic cavus foot: A clinical suggestion. Wong CK, Gidali A, Harris V.

Le anormalità osservate nella deambulazione sono spesso relazionate a una varietà di deformità del piede come il piede cavo, cavo-varo, varo non compensato e un alto arco plantare. Quando le anormalità della deambulazione relazionate a deformità del piede cavo danno sintomi o contribuiscono a un movimento disfunzionale dell’arto inferiore, vengono comunemente utilizzate delle ortesi per accomodare la deformità e ottimizzare la funzione dell’arto inferiore. Nei casi più gravi è utilizzato l’intervento chirurgico. L’ipomobilità delle grandi articolazioni del piede e dell’anca può essere confusa con una deformità di piede cavo idiopatico. Come per ciascun altro segmento corporeo con sospetta disfunzione muscolo-scheletrica, si suggerisce di provare i test di mobilità e la mobilizzazione di quell’articolazione, se indicato, prima di ipotizzare la presenza di una deformità in cavo. Il piede e la caviglia includono molte articolazioni, le quali possono diventare tutte ipomobili in modo indipendente o gruppale. Il caso clinico proposto di piede cavo idiopatico corretto con la manipolazione osteopatica è stato presentato per fare considerare che le anormalità osservate nel piede possono essere deformità ossee o articolazioni disfunzionali ipomobili. Come in questo caso, alcune anormalità di piede cavo possono essere corrette con la manipolazione osteopatica. Il paziente dovrebbe essere preparato a possibili disturbi dell’arto inferiore post-trattamento. Nel caso di anormalità bilaterali, il trattamento di entrambi i piedi nello stesso giorno può minimizzare i disturbi relazionati all’asimmetria, nonostante in questo caso la programmazione escluda questo approccio. Prima di ipotizzare la presenza di una deformità ossea immutabile che richieda ortesi o chirurgia, si consiglia ai clinici di verificare la mobilità articolare specifica di tutto il piede e tutta la caviglia ed è indicato mobilizzare le regioni ipomobili.

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distorsioni

Terapia Manipolativa e arti inferiori

J Manipulative Physiol Ther. 2009 Jan;32(1):53-71. Manipulative therapy for lower extremity conditions: expansion of literature review. Brantingham JW1, Globe G, Pollard H, Hicks M, Korporaal C, Hoskins W.

Lo scopo di questo studio è stato quello di condurre una systemathic review (revisione di studi clinici) sul trattamento manipolativo di diverse condizioni riguardanti l’arto inferiore. La ricerca ha incluso studi chiropratici, osteopatici, ortopedici, fisioterapici. Sono stati esclusi gli studi in cui il dolore era dato da problemi spinali, chirurgia o altre condizioni in cui la terapia manipolativa era controindicata. Gli studi analizzati sono stati giudicati con il seguente metodo: il grado A corrispondeva a buone evidenze da studi rilevanti (studi con un buon progetto, clinicamente importanti, con risultati chiari e non generalizzabili), il grado B corrispondeva a discrete evidenze da studi rilevanti (studi con buon progetto ma con risultati parziali o uno scarso campione), il grado C corrispondeva a limitate evidenze (studi con un progetto debole o scarso campione). Le condizioni analizzate sono state: l’osteoartrite dell’anca, i cui studi sono stati giudicati di livello C; condizioni del ginocchio (osteoartrite, sindrome femoro-rotulea), della catena cinetica muscolare, della caviglia (distorsione con stiramento legamentoso) o del piede, i cui studi sono stati giudicati di livello B; fascite plantare, metatarsalgia e alluce rigido, i cui studi sono stati giudicati di livello C. Gli studi riguardo le terapie manipolative e l’alluce valgo sono stati valutati in modo insufficiente. Moltissimi sono gli studi riguardo l’efficacia del trattamento manipolativo per i disturbi dell’arto inferiore, spesso con risultati clinici molto positivi. Tuttavia sarebbe molto importante migliorare i progetti degli studi rendendoli più scientificamente significativi. Dovrebbe inoltre essere incoraggiata una collaborazione interdisciplinare che si è dimostrata efficace nella maggior parte degli studi clinici.

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Sindrome del Tunnel Carpale

J Am Osteopath Assoc. 2012 Mar;112(3):127-39. Osteopathic manipulative medicine for carpal tunnel syndrome. Siu G1, Jaffe JD, Rafique M, Weinik MM.

La sindrome del tunnel carpale è la più comune causa di intrappolamento nervoso periferico negli USA, dove si stima colpisca il 3-6% degli adulti, con prevalenza tra le donne 3 volte maggiore rispetto agli uomini. Nonostante una completa anamnesi del paziente e un esame fisico standard siano molto importanti per la diagnosi di tunnel carpale, l’utilizzo della medicina osteopatica, compresi l’esame obiettivo e il trattamento manipolativo possono essere tenuti in conto nella gestione della patologia. Normalmente la medicina osteopatica è poco utilizzata in pazienti con sindrome del tunnel carpale. L’eziologia della sindrome è multifattoriale, può essere data da alterazioni anatomiche, fattori occupazionali e sistemici (artrite, gravidanza, diabete). I sintomi principali sono dolore e addormentamento specialmente a livello delle prime due dita della mano. Queste sensazioni possono poi irradiarsi all’intera mano, al gomito e alla spalla, possono creare debolezza nella presa e tendenzialmente peggiorano la notte. L’approccio medico standard prevede in seguito alla diagnosi sulla base di test ortopedici ed eventualmente esami strumentali riposo e immobilizzazione con splint. Normalmente queste misure danno beneficio all’80% dei pazienti, la maggior parte dei quali ha però almeno una recidiva entro l’anno. La valutazione osteopatica comprende i test di mobilità di mano e polso oltre che l’esame dell’intero arto superiore. Alcuni studi hanno dimostrato come quasi la totalità dei pazienti con sindrome del tunnel carpale presentassero almeno una disfunzione a livello di un’articolazione dell’arto superiore affetto, altri studi hanno dimostrato come la correzione di queste disfunzioni risolvessero la sintomatologia nell’arco di massimo un mese. In conclusione la medicina osteopatica è poco utilizzata nella valutazione e nel trattamento della sindrome del tunnel carpale. Tale approccio dovrebbe essere considerato non al posto, ma in affiancamento a quello medico standard per aumentarne e prolungarne gli effetti.

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Rottura del tendine del bicipite

J Athl Train. 1998 Jan;33(1):62-4. Rupture of the distal biceps tendon in a collegiate football player: a case report. Thompson KL.

Il bicipite brachiale è un muscolo notevolmente sollecitato nello sforzo atletico, tuttavia lesioni a tale livello sono molto rare, solitamente vengono coinvolti maggiormente i muscoli della cuffia dei rotatori. La rottura del tendine può avvenire a tutte le età, anche se la fascia più colpita è quella compresa tra i 30 e i 50 anni. Solitamente ne sono affetti gli atleti con una storia di tendinite, overuse e utilizzo di steroidi anabolizzanti, che aumentano la massa muscolare ma irrigidiscono il tendine indebolendolo. Il caso clinico proposto è di un giocatore di football americano di 21 anni, difensore e bodybuilder, che durante una caduta sulle mani, con gomito semiflesso, ha avvertito un “rumore” a livello del braccio sinistro oltre che un dolore molto intenso. Il giocatore ha continuato la partita ma, al termine di questa ha notato una deformazione del bicipite brachiale. Lo staff medico ha diagnosticato una rottura del tendine che risultava impalpabile. Per continuare l’attività fisica il paziente ha deciso di operarsi, il tendine è stato ricostruito utilizzando parte del tendine del tensore della fascia lata sinistro. Dopo un periodo di immobilità di 6 settimane con gomito semiflesso è stata effettuata una riabilitazione mediante esercizi attivi e tecniche manuali contro-resistenza che hanno permesso il recupero completo della funzionalità dell’arto superiore e la ripresa dell’attività sportiva dopo 6 mesi. Il trattamento chirurgico di questa lesione è preferibile a una terapia conservativa, che mantiene deficit di mobilità del gomito e del polso, fondamentale per il recupero dell’attività sportiva. Di straordinaria importanza è il programma di riabilitazione successivo all’intervento che dovrebbe essere enfatizzato.

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Disfunzioni del polso e dolore di spalla

J Phys Ther Sci. 2013 November; 25(11): 1411–1414. Effect of Wrist Joint Restriction on Forearm and Shoulder Movement during Upper Extremity Functional Activities Hye-Young Jung,1 Moonyoung Chang,2,* Kyeong-Mi Kim,2 Wongyu Yoo,3 Byoung-Jin Jeon,4 and Gi-Chul Hwang5

Un importante sistema coinvolto nelle funzioni della mano e del braccio è la mobilità del polso. Esso ha una complicata struttura di muscoli e legamenti, che spesso provoca disturbi di vario tipo. Le restrizioni di mobilità dell’articolazione del polso coinvolgono il movimento di altre articolazioni e causano conseguenti problemi come il dolore. Per questo motivo è importante valutare i cambiamenti in mobilità del polso nei disturbi dell’arto superiore. Lo scopo dello studio proposto è stato quello di misurare il coinvolgimento in percentuale di ogni singolo muscolo in alcune azioni compiute dall’arto superiore e confrontare tale valore in pazienti con e senza restrizioni di mobilità a livello del polso. Nell’atto di afferrare il coinvolgimento del trapezio (muscolo della spalla) variava dal 36% nei pazienti senza disfunzioni del polso al 41% nei pazienti con disfunzioni. Il coinvolgimento dell’estensore radiale del carpo (muscolo dell’avambraccio) invece diminuiva dal 23% al 15%. Nell’atto di pinzare il coinvolgimento del trapezio aumentava dal 25% in pazienti senza restrizioni al polso al 40% nei pazienti con restrizioni. Al contrario il coinvolgimento dell’estensore del carpo diminuiva dal 17% al 9%. Altri muscoli sono stati testati in varie azioni, ma sempre emergeva un maggiore coinvolgimento dei muscoli della spalla in presenza di restrizioni di mobilità a livello del polso. I risultati di questo studio possono essere usati dal terapista come strumento di trattamento, valutando i compensi che avvengono nelle attività funzionali.

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Osteopatia e Impingement

J Bodyw Mov Ther. 2011 Oct;15(4):399-404. Changes in pain and pressure pain sensitivity after manual treatment of active trigger points in patients with unilateral shoulder impingement: a case series. Hidalgo-Lozano A, Fernández-de-las-Peñas C, Díaz-Rodríguez L, González-Iglesias J, Palacios-Ceña D, Arroyo-Morales M.

I trigger points (aree grilletto) sono dei punti che possono presentarsi in qualunque muscolo che, quando attivi, sono in grado di irradiare dolore a distanza. Lo scopo di questa serie di casi clinici è stato quello di valutare i cambiamenti nel dolore e nella sensibilità alla pressione dopo il trattamento manuale di trigger points attivi nei muscoli della spalla in pazienti con impingement unilaterale (intrappolamento del muscolo sovraspinato). Dodici pazienti (7 uomini, 5 donne, età: 25 ± 9 anni) con diagnosi di impingement unilaterale a livello della spalla hanno effettuato 4 sessioni di trattamento per 2 settimane (2 sessioni a settimana). Nel trattamento erano eseguiti il rilascio mediante pressione dei trigger points e interventi neuromuscolari su ciascun trigger point attivo trovato. I risultati misurati sono stati il dolore durante l’elevazione del braccio (secondo la scala visuo-analogica del dolore) e il limite della pressione dolorosa a livello dei muscoli elevatore della scapola, sovraspinato, sottospinato, gran pettorale e tibiale anteriore. Il dolore è stato registrato prima dell’intervento e al follow up a distanza di un mese, mentre la presenza di trigger points è stata accertata prima e dopo il trattamento, oltre che al follow up a un mese. I pazienti hanno provato una significativa riduzione del dolore da prima del trattamento a un mese di distanza, senza particolari differenze tra uomini e donne. Anche il livello di dolore alla pressione si è mostrato diminuito a distanza di un mese, anche se subito dopo il trattamento tendeva ad aumentare. Questo studio dimostra come i trigger points possano aumentare il dolore e la sensibilità di una spalla che presenta impingement e come il trattamento manuale di tali punti possa ridurre in modo significativo questi sintomi.

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Spalla congelata e terapia manuale

Eklem Hastalik Cerrahisi. 2012;23(2):94-9. Manual therapy is an effective treatment for frozen shoulder in diabetics: an observational study. Düzgün I, Baltaci G, Atay OA.

La spalla congelata primaria è una patologia dolorosa associata a rigidità a eziologia ignota. Le possibili cause sono quella immunologica, infiammatoria, biochimica e di alterazioni endocrine. La spalla congelata in pazienti con diabete mellito è riportata come più persistente di una normale spalla congelata idiopatica e più complicata da trattare. Diversi interventi sono stati studiati in campo riabilitativo incluse le iniezioni di corticosteroidi, gli esercizi e la mobilizzazione articolare. Si pensa che le tecniche articolatorie inducano vari effetti benefici a livello neurofisiologico, biomeccanico e meccanico. Alcuni ricercatori hanno suggerito l’utilizzo di tecniche di terapia manuale per i problemi della spalla. La letteratura pubblicata ha mostrato che la mobilizzazione può avere un effetto positivo sul trattamento di spalla congelata ma non è chiaro se c’è differenza per pazienti con o senza diabete mellito. Lo scopo dello studio proposto è stato quello di confrontare l’efficacia delle terapie manuali in pazienti con spalla congelata associata o meno a diabete mellito. Tra Maggio 2006 e Gennaio 2008, 50 pazienti (10 maschi, 40 femmine; età media 52+/-10 anni; range di età variabile dai 40 ai 65 anni) sono stati inclusi nello studio essendosi rivolti ad ortopedico chirurgo dell’Unità Sportiva Riabilitativa. I pazienti sono stati divisi in due gruppi, che includevano pazienti con spalla congelata primaria associata a diabete mellito di tipo II (n=12) e in assenza di diabete (n=38). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a un programma riabilitativo che comprendeva l’applicazione di freddo, la terapia manuale ed esercizi due volte la settimana. Un totale di 16 sessioni di trattamento sono state eseguite. La parte più importante della terapia manuale includeva la mobilizzazione scapolare e lo stretching della parte posteriore della capsula. Il range di movimento è stato misurato con un goniometro. Sono stati valutati inoltre la funzionalità della spalla, la forza muscolare e l’intensità di dolore. Il range di movimento, lo stato di attività funzionale e la forza muscolare sono migliorati e il livello di dolore si è ridotto dopo la riabilitazione in tutti i pazienti di entrambi i gruppi (p<0.05). Non è stata riscontrata differenza nella durata del trattamento tra i gruppi (p>0.05). L’approccio terapeutico manuale può essere quindi applicato con sicurezza anche in pazienti diabetici con spalla congelata.

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Trattamento manuale della spalla

J Man Manip Ther. 2013 Aug;21(3):168-73. Treatment of shoulder pain utilizing mechanical diagnosis and therapy principles. Kidd J.

Il caso clinico proposto descrive l’effetto di diagnosi e terapia meccanica nella gestione di un paziente che ha ricevuto diagnosi di tendinite a livello della spalla. Il paziente è un uomo di 56  anni con una storia di dolore anteriore alla spalla da tre mesi. In prima seduta presenta positività per diversi test ortopedici a livello della spalla che confermano la diagnosi fatta ed evidenziano un conflitto dell tendine della cuffia dei rotatori con l’acromion (sporgenza della scapola al di sotto della quale scorre il tendine). All’esame obiettivo viene eslcuso un coinvolgimento della cervicale in tale dolore, mentre si evidenziano una perdita di mobilità e dolore durante il movimento attivo della spalla. In seguito ai test di mobilità e ai trattamenti che lavoravano sul movimento della spalla ad ampio range, nelle seguenti tre visite, il dolore è scomparso e la mobilità è stata completamente ripristinata. Nonostante ci fossero segni anche di un conflitto tra tendine e osso, il trattamento ha coperto un breve periodo di tempo di sole due settimane. Questo caso clinico dimostra che il trattamento basato sui principi di diagnosi e terapia meccanica può essere efficace nel trattamento del dolore della spalla.

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Aspettative dei pazienti

BMC Complement Altern Med. 2013 May 31;13:122. doi: 10.1186/1472-6882-13-122. Patients’ expectations of private osteopathic care in the UK: a national survey of patients. Leach CM, Mandy A, Hankins M, Bottomley LM, Cross V, Fawkes CA, Fiske A, Moore AP.

Le aspettative dei pazienti nei confronti della terapia osteopatica sono state poco indagate. Lo scopo dello studio proposto è stato quello di quantificare le più frequenti aspettative dei pazienti nella pratica osteopatica in UK, quante sono state soddisfatte o meno. I partecipanti sono stati reclutati presso 800 osteopati che lavorano in modo autonomo  a cui è stato assegnato un questionarioriguardo 51 differenti aspettative. Il risultato principale riguardava la percentuale di aspettative soddisfatte o meno. Sono stati coinvolti 1649 pazienti di cui il 70% circa donne. 35 di 51 aspettative sono risultate prevalenti tra i pazienti e sono state soddisfatte. Tra queste l’ascolto da parte dell’osteopata, la sua disponibilità a rispondere alle domande ricevute e la chiarezza nel fornire una spiegazione del problema; il rispetto nel confronto del paziente sia per quanto riguarda la privacy, che per quanto riguarda igiene e professionalità dell’operatore; lo scambio di informazioni con il paziente, in dettaglio una durata di visita di almeno 30 minuti, un’indagine sulla storia precedente del paziente e sull’andamento dei trattamenti in corso, dei consigli su esercizi da svolgere a casa. Solo 11 aspettative non sono state pienamente soddisfatte, che in particolare riguardavano la possibilità di reclamo, la difficoltà a pagare il trattamento osteopatico e la mancanza di comunicazione tra l’osteopata e il medico di base. I risultati del sondaggio hanno dato un messaggio positivo circa la pratica osteopatica. Lo studio ha evidenziato anche alcune discrepanze tra aspettative e realtà della pratica: queste potranno essere utilizzate per migliorare la qualità della clinica osteopatica.

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